La magia del Natale

come cambia il modo di vedere il Natale

Quando avevo poco più di sette anni, il periodo di Natale prendeva ufficialmente vita quando in tv iniziavi a sentire questo motivetto: “Bauli ba-ba-ba- bauli..”, il tormentone che più tormentone non c’era. Di più di “un, dos, tres..Maria” di Ricky Martin, tanto per intendersi. L’indimenticabile canzone del pandoro natalizio per eccellenza, cantata da un’allegra famiglia italiana, riunita davanti a una tavola imbandita a festa. Quella che, sacrilegio, anni dopo, sarebbe stata sostituita con l’altrettanto ridondante – e più lagnoso – “A Natale puoi..”, ma questo, per nostra  fortuna, lo avremmo scoperto molti anni più tardi. C’era poi il camion della Coca-Cola che al suo passaggio illuminava strade e case e che faceva subito magia. E poi c’era lei. La  vera e propria (molestissima!) invasione televisiva dell’esercito di bambole. Baby-Mia, Cicciobello, Sbrodolina e chi più ne ha più ne metta, in tutte le versione e gli outfit possibili. Noi ce ne stavamo lì, imbambolate, a guardare quei pochi secondi di spot, immaginando mondi paralleli fatti di vestiti di chiffon e bebè di plastica semi-parlanti. C’era, infine, la letterina, scritta pochi giorni prima del 25 dicembre, indirizzata a un tizio, che stando alla descrizione fatta da tutti gli adulti,  rappresentava l’emblema della bontà e della generosità, tanto da farci credere che una persona del genere in questo mondo potesse esistere davvero. E noi, anime gentili, c’abbiamo creduto, fino alla fine, non accettando il contrario.
Poi il contrario è arrivato. Da sognatrice adolescente quale ero, ho iniziato a vivere il Natale in maniera diversa ma non meno distaccata, restando ancorata a quelle tradizioni che, in fondo, non potranno mai cambiare: i film natalizi (meglio ancora se romantici e ambientati in un paesino di montagna fatto di luci e miele) guardati sul divano con tanto di coperta di pile e tazza di cioccolata calda in mano (altro che pubblicità del Ciobar!). Il grande ritrovo per il pranzo con i parenti – quel giorno, solo per quel giorno, meno serpenti. I calzini e le mutande rosse sotto l’albero annualmente regalate dagli zii, “che tanto quelle servono sempre” (si a voi , rispondevo dentro di me, iniziando a sognare i reggiseni push-up della pubblicità di Calzedonia). I regali riciclati che ciclicamente tornavano senza tanto imbarazzo al primo mittente e le grandi abbuffate di panettone e mascarpone, che tanto a quell’età il senso di colpa per la dieta non era nemmeno contemplato. E poi il privilegio più privilegio di tutti: trucchi brillantinosi e capelli “boccolosi”, il via libera di mia madre in occasione delle feste, anche se, così imbacuccata, assomigliavo più alla pasticciata e anzianissima Zia Ietta del telefilm La Tata che a una rampante adolescente in cerca di colori e leggerezza.
Furono invece le prime canzoni di Michael  Bublè – cantante natalizio per antonomasia – a suggellare il passaggio del Natale nel mondo dei grandi. Quella musica, che si diffondeva tra le pareti di una casa, la mia prima casa, rappresentava per me il segnale, totalmente impercettibile agli occhi degli altri, di un piccolo grande cambiamento in atto, da dividere in due, perfettamente a metà con la persona con la quale avevo scelto di vivere. Una “convivenza natalizia” al limite della commedia da cine-panettone, per toccarla piano, dove ad ogni nota di “white christmas” trasmessa alla radio corrispondeva un boato di Fifa, e dove la visione di un film natalizio in tv doveva essere barattata con una serata con gli amici per sopperire a cotanto diabete (tranne nel caso di “Mamma ho perso l’aereo” e di “Una poltrona per due”, quelli avevano il super potere di essere riguardati in loop senza stancarsi mai).
Una cosa però era certa. Aleggiava comunque nell’aria quell’atmosfera. Quella che ti sembra di percepire solo in questo particolare periodo dell’anno. Quella che ti fa svegliare appena più felice la mattina, e ti fa addormentare con qualche buono proposito in più nel cuore. Dove le promesse non vengono più affidate a una lettera ma alla persona che hai accanto (share the love, cantava qualcuno) E, allora, in quel momento, anche la famosa frase “a Natale siamo tutti più buoni” sembra essere per certi versi meno distaccata dalla realtà.
Odore di latte e di biscotti fatti al forno e il rumore di una ninna in sottofondo. Questa è un po’ la nuova colonna sonora natalizia di quando la vita da cine panettone si moltiplica e in casa arriva una persona in più. Allora la vita appare davvero meno distante da quelle pubblicità della famiglia del Mulino Bianco che tanto snobbavi.
No. Non è vero. Riavvolgiamo il nastro.
La verità è che continuerai comunque ad odiare la sdolcinata famiglia del Mulino Bianco. E la tua casa sarà letteralmente sommersa di pannolini più che di lucine colorate. Michael Bublè sara sostituito da “il coccodrillo come fa” e “batti batti le manine”.
Anche “Mamma ho perso l’aereo” i primi tempi non ti sembrerà più la stessa e il tuo compagno quasi ti implorerà di guardare “L’amore non va in vacanza” o “Love actually” per ricatapultarsi per un paio d’ore nel fantasmagorico mondo dei grandi.
Fatto sta che in questo particolare momento della vita te la senti per la prima volta addosso, quella responsabilità. Di insegnare a qualcun’altro la magia del Natale. Di parlargli della bontà di un uomo vestito di rosso. Di cantare insieme le demenziali canzoni delle pubblicità di pandori, panettoni e bambolotti.  Di bandire trucchi brillantinosi e capelli boccolosi. Di sprofondare sul divano e ridere insieme di Kevin che perde l’aereo. Di parlargli di quei parenti – non serpenti – che poco tempo prima erano seduti insieme a te ad  una grande tavola rossa imbandita a festa, e che adesso lasciano un ricordo indelebile nel presente e nel futuro
La responsabilità, più bella e più difficile, di accompagnarlo in questi giorni pieni di sogni e di magia, e perché no, anche ascoltando, qualche volta, su YouTube quel motivetto che ti piaceva tanto…
“Bauli..ba-ba-ba bauli..”

Ciao a tutte, sono Chiara Elci, giornalista e scrittrice. Ma divido tra programmi in TV e il mio computer, dove sviscero i miei pensieri, sulla società e sul quotidiano.
Ho pubblicato il mio primo libro nel 2015: Il Papavero e la neve.