Disforia di genere
alla base dei disturbi dell’identità di genere.
alla base dei disturbi dell’identità di genere.
Il concetto di identità e ruolo di genere è estremamente importante e una sua definizione chiara e in grado di disconfermare alcune convinzioni e certi stereotipi a esso connessi può avere una notevole rilevanza a livello educativo, in quanto l’identità di genere si viene a formare anche con le interazioni con gli altri (e attraverso quindi i loro atteggiamenti e le loro credenze).
In genere gli studiosi contemporanei, a proposito dei marcatori comportamentali e fenomenologici della psicosessualità, accettano un modello composto da tre componenti , identificate dai termini “identità di genere”, “ruolo di genere” e “orientamento sessuale”.
L’acquisizione dell’identità di genere, però, non è solo un evento rilevante di natura cognitiva , ma comporta anche dei significati di natura affettiva. La maggior parte dei giovani prende la consapevolezza di essere maschio o femmina molto sul serio, infatti da qui deriva la drammaticità propria della cosiddetta “disforia di genere”, che è alla base dei disturbi dell’identità di genere.
Possiamo definirla come una condizione caratterizzata da un’intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. L’identità di genere costituisce il modo in cui l’individuo esperisce , in modo personale , il cosiddetto “ruolo di genere”, vale a dire tutto ciò (comprese l’eccitazione e la risposta sessuale) che si fa per esprimere agli altri l’appartenenza a un determinato sesso. Tale ruolo è in gran parte frutto di consuetudini sociali apprese cui l’individuo si conforma o meno per segnalare agli altri la propria maggiore o minore aderenza al modo secondo cui un determinato sesso dovrebbe essere “recitato” in base alle regole culturali vigenti. Per la maggior parte delle persone il sesso biologico e l’identità di genere coincidono; per altre invece no.
Alcune persone, per esempio, si sentono e vivono come una donna ma biologicamente, appartengono al sesso maschile. Altre invece si sentono e vivono come un uomo ma biologicamente, appartengono al sesso femminile.
Altri ancora sentono di non appartenere a nessuno dei due generi maschile e femminile. Il termine “trans gender” sta proprio a indicare quelle persone con identità di genere diversa dal sesso biologico. Come già specificato in precedenza, questa incongruenza tra sesso biologico e identità di genere, può condurre a una profonda sofferenza e difficoltà di inserimento in ambito lavorativo e sociale, chiamata appunto “disforia di genere”.
Questo disagio riguarda soprattutto quelle persone che decidono di intervenire sul proprio corpo allo scopo di renderlo più simile a come si sentono, attraverso cure ormonali e/o chirurgici, auspicando a una femminilizzazione o mascolinizzazione del proprio corpo.
È doveroso però, fare chiarezza sui termini che quotidianamente utilizziamo, per scongiurare una serie di pregiudizi e stereotipi in cui purtroppo, ancora sono immersi, permettendoci di interagire in modo rispettoso con i nostri interlocutori.
Spesso si crea confusione nella distinzione tra i due termini “trans gender” e “transessuale”, che a volte vengono addirittura (forse complice l’ignoranza) utilizzati come sinonimi o dispregiativi. Con il termine trans gender, si fa riferimento a quelle persone che non si riconoscono nel modello bivalente maschio/femmina imposto dalla società.
Ciò comporta sì una discordanza della propria identità di genere rispetto al sesso biologico, tuttavia la persona non ritiene necessario un intervento della scienza per modificare i caratteri sessuali primari e secondari. Con il termine transessuale invece, si fa riferimento a tutti coloro che vivono una discordanza tra sesso biologico e identità di genere e richiedono un intervento della scienza per modificare i caratteri sessuali primari e secondari, sottoponendosi così alla “Riattribuzione chirurgica del sesso”, come previsto dalla legge n.164/82.
La disforia di genere si manifesta in modo diverso a secondo della fascia d’età. Proprio per questo, la pianificazione degli interventi relativi ai problemi legati all’identità di genere, è influenzata da numerosi fattori tra cui la fase dello sviluppo dell’identità transessuale, la conoscenza della persona delle diverse strategie di gestione del problema e la presenza di eventuali difficoltà psicosociali.
Risulta indispensabile trattare questioni più delicate e urgenti che possono interferire con il buon funzionamento del trattamento per la disforia di genere, prima di affrontare la questione dell’identità transessuale.
Una buona psicoterapia (individuale, familiare o di coppia), in questo caso, ha lo scopo di esplorare le varie identità/ruoli/espressioni di genere, modificando l’impatto negativo della disforia di genere e dello stigma sociale sulla salute mentale.
Psicologi e psicoterapeuti possono intervenire seguendo il loro approccio teorico e terapeutico con lo scopo non di curare la disforia di genere, ma di accompagnare il paziente nell’esplorazione della propria identità (Fanelli e Volpi, 1997), per garantirgli uno stile di vita stabile e successo nelle relazioni interpersonali, soprattutto nella libertà di espressione della propria identità di genere (Dettore, 2005).
È fondamentale che il terapeuta riesca a stabilire una relazione autentica ed empatica con il paziente, che deve sentirsi compreso e non giudicato. Una volta trattati questi aspetti, il paziente sarà in grado di gestire la disforia di genere e la sua espressione di genere e verrà quindi supportato nell’attuazione del suo progetto.
Riferimenti bibliografici:
“Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale” (D.Dettore, 2001)
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Ciao a tutte, sono Valentina Menotti, psicologa clinica, iscritta all’Ordine degli Psicologi della Toscana (n.7480), ho frequentato la scuola di specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale presso il C.S.A.P.R di Prato. Attualmente svolgo l’attività di libera professionista presso gli Studi Psychè , in via Fabbroni 11, a Prato.
Mi occupo di interventi individuali, di coppia, familiari, dello sport e mental training.
Nel 2017 ho coordinato i progetti” Sostegno alla famiglia” e “ Gioco d’azzardo patologico”, presso il Cento Giovani del comune di Montemurlo. Oltre alla libera professione, dal 2010, lavoro per la Cooperativa sociale Fuorischema, al fianco dei bambini e dei ragazzi con disabilità cognitiva, nei vari istituti scolastici. Spero di esservi utile nel chiarire i vostri dubbi riguardo la sessualità e la psicologia.
Per ulteriori informazioni, potete dare un’occhiata al sito www.valentinamenotti.it.